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inserita il 02/06/2011 - da: LUCA SCIACCHITANO
Qualche giorno fa ho pubblicato un articolo per certi versi profetico relativamente alla presa di distanza che De Magistris, neo eletto sindaco di Napoli, prendeva da Italia dei Valori.
I presupposti c'erano tutti. Intanto De Magistris si conferma per la seconda e definitiva volta di essere molto più apprezzato dagli elettori che non lo stesso Di Pietro. (la prima volta fu alle europee)
Cosa significa questo? In un partito normale, in un paese normale, un leader che porta il proprio partito dall'8% delle europee a meno del 4% nelle recenti consultazioni è un leader che dovrebbe seriamente pensare di farsi da parte.
La scusa classica è che non si sa a chi lasciare le redini del partito. Ora questa scusa non c'è più: De Magistris è l'uomo IDV per eccellenza. L'unico con il "tocco magico", l'unico capace di vincere sia il centro destra, che il centro sinistra.
E, purtroppo per il partito, Di Pietro questo lo ha capito da tempo, già da quando De Magistris sollevò una questione morale nel partito dopo l'abbandono di Razzi e Scilipodi che salvarono Berlusconi dalla fine. Mercenari di dubbia serietà, portate in parlamento da Di Pietro secondo oscure e fallimentari scelte.
Tanta (si dice) era la paura di Di Pietro che durante la campagna elettorale di De Magistris a Napoli, il partito avesse perfino tagliato i finanziamenti alla stessa campagna elettorale.
Quando De Magistris vinse, Italia dei Valori, con Di Pietro in testa, si misero a suonare la fanfara della vittoria (anche se in tutti gli altri comuni non hanno superato il 4%) cercando, per osmosi, di trasferire un pò del "tocco magico" di De Magistris ad un Di Pietro ormai in affanno.
Forse De Magistris non ci sta. Forse ritiene (a ragione) che i partiti, così come sono organizzati, siano più un danno che una risorsa per le città ed i comuni. Forse, non vuole essere "ricattato" dal partito ed essere libero di decidere senza avere lacci e lacciuli (con UDC no, con PSI si, con PDL forse e alla municipalizzata metti il nostro incompetente ma importante uomo).
E quindi decide di auto-sospendersi dal partito.
Nei prossimi giorni, il leitmotiv sarà qualcosa tipo "ha fatto bene, era un atto dovuto". Peccato che NESSUNO degli eletti (Pisapia, Tosi, Fassino etc.) si sia auto sospeso dal proprio partito.
Quindi non è affatto un atto dovuto, ma un atto straordinario di un partito alla deriva, che ha gioito per un paio di giorni sul carro del vincitore, salvo poi essere riabbandonato nel maelstrom che, speriamo, lo inghiotta prima possibile insieme al caro Silvio.
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